I senza speranza

Quella dei senza speranza è una realtà che esiste anche ad Olbia, certo non come nelle grandi città dove vediamo allineamenti di cartoni nelle stazioni, o le tante brandine nei dormitori per l’emergenza freddo. Le persone che vivono in queste condizioni non sono tante nella nostra Città, ma sono tante quelle che vediamo transitare e troppe quelle che abbiamo visto morire.  Noi abbiamo il dovere di andare alla radice del problema, in caso contrario gli aiuti che prestiamo a loro favore sono solo una soluzione d’emergenza, un succedaneo temporaneo ed incompleto. Se continuiamo ad assistere a drammi come quegli che stanno venendo alla luce in questi giorni ad Olbia, la missione di tutti noi fallisce.
Sono tante le problematiche di chi arriva a tale abbandono, tante le componenti che degradano una Persona senza dimora portandolo a diventare un senza speranza. Una di queste, chissà tra le principali, è quella di dover passare le giornate privo di alcun stimolo se no quello di bere; senza niente da fare per tutto il giorno se no di aspettare la notte, e la notte aspettare il giorno, trascurando il proprio corpo senza neanche accorgersi del degrado sempre più crescente.
La terapia per loro non è semplice, come non è facile la forma di attuare più adeguata per aiutarli, evitando che si ripetano tragedie; dobbiamo domandarci prima di tutto, se quello che vogliamo è volerli disintossicare e giustamente farli entrare nel circuito di riabilitazione secondo i nostri schemi, che il più delle volte non portano a un risultato definitivo (dato che la maggior parte di loro firma, e si dimette volontariamente dalla struttura, come nel caso di Robertino), oppure vogliamo evitare che uomini come lui, vivano e muoiano così. Io sono per quest’ultima opzione e quindi lancio un appello alle amministrazioni, a coloro che sono preposti a tracciare nuove strategie per le Persone senza fissa dimora, a noi Organizzazioni di Volontariato per studiare e attivare nuove dinamiche di supporto. Attuare con servizi e strutture adatte, che abbiano una maggior apertura di spazi, con regole e parametri che siano a misura della loro dimensione nella quale vige principalmente la paura di essere privato della propria libertà. Sta a noi permettergli di rivedere principalmente questa visione distorta della vita, farli riscoprire la voglia di vivere, di sperare e sognare, come ognuno di noi.

Ginetto Mattana

  

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